Marino Dal Moro
Artefici e continuatori
Marino Dal Moro
Un meraviglioso Capogruppo
1942 - 1993
Marino del Moro vede la luce il 2 febbraio del '42 come secondogenito, in una famiglia di mezzadri che non offre molto sul piano materiale, ma circonda questo bimbo di tanto amore e lo accudisce con dignità.
Due sono le doti che la madre subito evidenzia: la vivacità intellettiva e la bontà che conserverà sempre e che, assieme all'umiltà memore delle proprie origini, lo faranno grande, stimato ed apprezzato da tutti,
Nella scuola elementare emerge tra tutti i compagni la sua intelligenza pronta, intuitiva, tento che il maestro suggerisce senza dubbio la frequenza delle scuole medie che, a quei tempi, erano disponibili solo a Vittorio Veneto dopo un esame di ammissione.
In casa tutto questo costituisce un problema: problema è pagare le tasse, problema è il trasporto.
Mentre per il primo la soluzione è il denaro, e quindi ancora più lavoro per i genitori che comunque sono fieri del figlio, per il secondo si provvede alla "costruzione" di una bicicletta, adattando pezzi in disuso.
La bici viene battezzata dai compagni "il cammello" perché Marino, forte ma non molto alto, non arriverà alla sella che in terza media.
Per i suoi, questo pendolarismo su strade sterrate, non molto trafficate per fortuna, ma pur sempre insidiose, è fonte di continua apprensione.
Marino sa che deve apprendere il più possibile a scuola perché una volta a casa non ha troppo tempo da dedicare allo studio dovendo dare il proprio apporto alla famiglia, nella stalla e nei campi, se vuole proseguire.
Superata ottimamente la terza media si iscrive a ragioneria al Collegio Dante di Vittorio Veneto, scuola privata per la cui retta è difficile sottrarre alla famiglia altre risorse. Anche in questi anni, conscio dello sforzo che la famiglia compie per aiutarlo a conseguire un diploma e quindi ad assicurargli un avvenire migliore, dedica allo studio le ore del primissimo mattino, prima di inforcare la sua bici e frequentare le lezioni, mentre il pomeriggio lo impiega per aiutare il padre nel lavoro dei campi.
E' studente modello, dai risultati sempre brillanti. Tra scuola e lavoro pone le basi di una personalità forte e generosa, maturata nel sacrificio, nella fatica, nella rinuncia disponibile e piena di umanità. L'anno della maturità mette Marino di fronte a nuove realtà dolorose ed impegnative. Il padre si ammala e la madre lo assiste per lungo tempo a Padova, il fratello è fuori come emigrante stagionale.
Da solo porta avanti la stalla e la terra, provvede a se stesso e allo studio con un impegno fisico e psichico notevole.
Supera la maturità, ma prima ancora di conoscerne i risultati, inizia a lavorare presso la filiale della Banca Popolare Piva di Farra di Soligo, su richiesta dell'allora responsabile Giovanni Recchia. La sede, fuori da percorso delle autocorriere, viene raggiunta ancora una volta in sella a quel "cammello" che per otto anni lo aveva portato a Vittorio Veneto.
Scompare intanto il padre e Marino resta l'unico aiuto alla mamma.
Benvoluto e stimato per la capacità di apprendere velocemente dall'esperienza dei colleghi, ottiene presto avanzamenti di carriera.
Si mantiene amico di tutti, senza far pesare la sua nuova autorità ma aiutando piuttosto quanti hanno problemi.
Dal settembre 1963 al maggio 1965, completa il servizio militare come semplice Alpino, rinunciando, per motivi familiari, a frequentare la Scuola Allievi Ufficiali di Aosta. Inquadrato nell'8° Reggimento Alpini, Divisione Julia con CAR all'Aquila e corso Marconisti a San Giorgio a Cremano, viene in seguito aggregato alla Compagnia Comando a Chiusaforte.
Abituato alla fatica, alla semplicità del vivere quotidiano, non ha difficoltà ad aiutare i compagni psicologicamente fragili per superare momenti di sconforto e di nostalgia.
Nello stesso tempo la simpatia e la disponibilità che manifesta diventano motivi di amicizia e così si trova circondato sempre più da "fratelli" che non lo dimenticano neppure a distanza di anni.
Dopo il congedo può dedicarsi con più serenità al lavoro e il suo impegno e la su serietà sono premiati in breve con avanzamenti di carriera significativi fino a diventare direttore dell'area amministrativa dell'Istituto per il quale svolge la sua attività, a soli 47 anni. Si iscrive all'A.N.A. con l'orgoglio di aver servito la Patria e la fierezza di poter portare ancora la penna nera, convinto che sia un segno di distinzione e che richieda pertanto onestà, impegno e disponibilità.
Nel poco tempo libero che gli rimane, si mette agli ordini del suo Capogruppo quando, nel '69, gli Alpini di Cison prendono l'iniziativa di erigere un'edicola in Valle di San Daniele a ricordo di tutti i morti in montagna ed in modo particolare dei molti Alpini del Comune Caduti o Dispersi ovunque. Non ha difficoltà a rimboccarsi le maniche per lavorar di carriola a fianco dei compagni e spesso chiede tempo anche alla giovane sposa per essere pronto in ogni attività. Le presenze e la convinzione con cui porta avanti questa iniziativa, ne accrescono tanto la stima che, già dal 1970 si trova a capo del Gruppo A.N.A. di Cison.
Conosciuto il prof. Altarui negli anni seguenti tramite il Sindaco De Rosso, è incominciata una splendida collaborazione diventata poi profonda amicizia che ha permesso la realizzazione del Bosco delle Penne Mozze, Memoriale dedicato ai Caduti Alpini della provincia di Treviso.
La concessione dell'opera è singolare e innovativa perché vuol ricordare con un monumento vivente il sacrificio supremo dei Caduti.
Per il "Bosco" che sentiva "suo" e per gli ideali di pace e di amicizia che custodiva gelosamente come principi fondamentali della sua vita.
Marino ha dato vent'anni della sua splendida giovinezza, coinvolgendo tutta la sua famiglia. Invero, come Mario Altarui è stato l'ideatore dell'opera, Marino Del Moro ne è stato l'artefice: sapeva chiedere aiuto a tutti, Alpini, amici degli Alpini, paesani, estimatori; sapeva trarre aiuto economico e morale con l'obiettivo costante di portare a conclusione l'affascinante progetto.
In prima persona lo si trova la domenica mattina, fornito di ogni strumento di lavoro, per dare con la mente e con il braccio l'esempio di un impegno che va al di là di ogni scusa, con la convinzione di rendere davvero omaggio ai Caduti costruendo questo Tempio all'aperto, dove la presenza delle stele non disturba la bellezza della natura, mentre l'una e le altre inducono a riflettere e trarre insegnamenti.
Sopo la dipartita di Mario Altarui, Marino lascia il Gruppo ed assume la presidenza del Comitato del Bosco che da quel momento impegnerà ogni suo sforzo organizzativo.
Non sempre facile il sentiero, ma superato dalla sua tenacia e dalla convinzione di aver realizzato, con Mario e Giulio e tutti gli amici Alpini un'idea assolutamente nuova e necessaria per testimoniare il sacrificio dei fratelli. E come un soldato in combattimento, improvvisamente Marina lascia tutti noi e gli Alpini e il Bosco. E' il 31 luglio del 1993 mentre si apprestava a festeggiare il compleanno dell'adorata sposa.